Una circolare dell’Agenzia delle Entrate, emessa a seguito di un’interpellanza da parte di un’azienda, precisa che il pagamento dei contributi necessari al riscatto sia a carico del datore, ma in regime di tassazione separata
Trattiamo oggi un argomento classico perciò sempre attuale: il riscatto degli anni di laurea.
Ne approfondiamo, però, un aspetto specifico, emerso all’attenzione dei giuristi in seguito a un caso recentemente verificatosi nel nostro Paese, in merito a una società che ha posto l’istanza per il riposo anticipato su base volontaria di alcuni dipendenti, a fronte di un’indennità economica che comprende il pagamento dei contributi previdenziali per il riscatto agevolato della laurea.
Ci volgeremo, allora, a chiarire la regolamentazione del suddetto riscatto in relazione alla condizione professionale del lavoratore dipendente: qual è, in questo frangente, il ruolo del datore di lavoro?
Ebbene, ha postulato l’Agenzia delle Entrate, anzitutto l’azienda ha l’obbligo di versare, al dipendente in questione, i contributi facoltativi la cui erogazione è necessaria per ottenere il riscatto.
In secondo luogo, e questa è forse l’acquisizione più importante, è stabilito che tali contributi dovranno essere assoggettati a tassazione separata.
In particolare, le imposte Ires sono da considerarsi, a tutti gli effetti, deducibili.
Spiegano, infatti, i tecnici dell’Agenzia, che “le somme in questione sono considerate una controprestazione per facilitare il pensionamento del dipendente e rappresentano una componente negativa del reddito di impresa”.
E ancora: “il riscatto agevolato del corso di laurea, configurandosi come una forma di incentivo all’esodo, costituisce una controprestazione per agevolare la risoluzione consensuale del rapporto ed abbia, quindi, una specifica connessione con il rapporto di lavoro, con conseguente deducibilità come componente negativo del reddito di impresa”.
Inoltre, per quanto riguarda la tassazione da applicare, essa è da considerarsi in regime di tassazione separata, e le medesime regole valgono per il resto dell’indennità relativa alla cessazione del contratto.
Infine, se il lavoratore, da parte sua, decide di destinare parte della buona uscita per il prepensionamento al riscatto degli anni accademici, l’azienda, ancora una volta, accantonerà tale quota per il pagamento dei contributi previdenziali Inps.