Attravero la nota sul Mercato del lavoro redatta congiuntamente dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dalla Banca d’Italia si commenta l’andamento del numero di posizioni di lavoro alle dipendenze analizzando le tendenze nazionali e locali, con dati provvisori aggiornati al 31 ottobre 2021.
Mercato del lavoro: prosegue il recupero dell’occupazione dipendente
Mercato del lavoro: Come negli anni passati, finita la stagione estiva, in settembre e ottobre le attivazioni nette si sono ridotte (-230.000 unità), registrando tuttavia una contrazione inferiore a quella degli anni precedenti: nel periodo che va dal 1° gennaio al 31 ottobre di quest’anno sono stati creati circa 600.000 posti di lavoro, quasi 500.000 in più rispetto allo stesso periodo del 2020 e oltre 190.000 in più rispetto a quello del 2019.
Non emergono differenze significative tra settori rispetto alle dinamiche osservate negli scorsi mesi.
Tornano lentamente ad aumentare le assunzioni a tempo indeterminato; rimane modesto il numero di licenziamenti
La creazione di posti di lavoro continua a essere sostenuta soprattutto dai contratti a tempo determinato (cfr. Il mercato del lavoro: dati e analisi, 5, 2021) mentre il saldo complessivo delle posizioni permanenti dall’inizio dell’anno rimane all’incirca sugli stessi livelli del 2020.
Tuttavia a settembre e ottobre sono emersi segnali di un primo lieve aumento delle assunzioni a tempo indeterminato (230.000 nuovi contratti, in linea con gli andamenti del 2019; 55.000 in più rispetto agli stessi mesi del
2020), a fronte di un numero di trasformazioni che è ancora al di sotto dei livelli del 2019.
Le cessazioni a tempo indeterminato sono state nel complesso modeste: in particolare, i licenziamenti sono rimasti su livelli contenuti anche in settembre e ottobre (59.000 contratti cessati con questa causale, il 37 per cento in meno rispetto agli stessi mesi del 2019). Secondo i dati preliminari disponibili, nei primi quindici giorni di novembre si è rilevato invece un aumento dei licenziamenti nei settori in cui il blocco è scaduto il 31 ottobre (servizi e industria dell’abbigliamento, del tessile e delle calzature).
La crescita, analogamente con quanto osservato dopo lo sblocco del 30 giugno in gran parte della manifattura e nelle costruzioni, potrebbe riflettere esuberi già previsti nei mesi precedenti. Nonostante tale aumento il tasso di licenziamento non si è discostato dai livelli precedenti la pandemia. Tali dinamiche hanno sostenuto la mobilità del mercato del lavoro, associandosi a un incremento del numero di dimissioni volontarie.
L’occupazione femminile non beneficia della lieve ripresa delle assunzioni a tempo indeterminato
Penalizzata nella prima fase della pandemia anche dagli accresciuti carichi familiari, la dinamica dell’occupazione femminile ha gradualmente recuperato nel corso del 2021, ma soprattutto grazie a contratti di lavoro temporanei, molti dei quali sono scaduti nei mesi autunnali: tra le donne oltre l’82 per cento dei posti di lavoro creati nel 2021 erano a termine (72 per cento tra gli uomini).
Il lieve incremento del lavoro permanente ha invece favorito, seppur di poco, l’occupazione maschile: a settembre e ottobre le assunzioni a tempo indeterminato tornavano sui livelli pre-pandemici tra gli uomini mentre tra le donne erano di oltre il 3 per cento inferiori rispetto al 2019.
Mercato del lavoro: la dinamica è più favorevole nel Centro Nord
Tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno sono emerse anche forti eterogeneità geografiche. Il processo di creazione di posti di lavoro si è concentrato nelle regioni centro-settentrionali, rallentando invece in quelle meridionali: tra settembre e ottobre il saldo negativo delle posizioni a tempo determinato è stato più ampio nel Sud e nelle Isole (-165.000 unità, come due anni prima) rispetto al resto d’Italia (-127.000 posti di lavoro; -200.000 nello stesso periodo del 2019).
Negli stessi mesi le assunzioni a tempo indeterminato nel Mezzogiorno sono rimaste ancora inferiori rispetto al periodo pre-pandemia, mentre al Centro Nord sono aumentate a ritmi lievemente superiori (167.000 posti di lavoro nel bimestre; il ritardo delle regioni meridionali e insulari è stato marcato nella manifattura e nei servizi a maggior valore aggiunto.